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I PIONIERI PIEMONTESI NELL'AFRICA ORIENTALE

« — Pensando alla grandezza, alla potenza del-

l’Abissinia.

« — Quanti anni ha?

« — I tuoi, nè più nè meno.

« — È bello, è forte?

« — Meno di te, ma è bellissimo e fortissimo.

« — È buono il tuo re? È coraggioso? Ha molti

soldati? E sono valorosi?

«Qui parlai della Corona d’Italia come potrebbe

parlarne la nostra

Gazzetta Ufficiale,

un po' rinfran­

cato dal sapere che i repubblicani, miei correligionari,

non potevano in alcun modo intendermi.

« In Abissinia non si capiscono le distinzioni poli­

tiche. Il re personifica, riassume, assorbe il paese.

E sfido il mio prediletto amico Domenico Narratone,

uno dei più onesti non solo, ma dei più cavallereschi

repubblicani che io conosca, a tacersi, per esempio,

nell'Africa Equatoriale, dinanzi ad un insulto fatto

ad Umberto, quando sapesse che con Umberto si

vuole insultare l'Italia, o a non lodare la Corona,

quando fosse convinto che non può lodare l’Italia

altrimenti.

« Distinzioni, lo ripeto, i barbari non sanno farne.

Non sono barbari per nulla. Per essi il Re è la storia,

il Re è la forza o l'impotenza, la gloria o la vergogna

di tutti.

« Su questo ne dissi al buon Danascium di quelle

che non erano vere, mirando solo con tali bugie, a

dire scrupolosamente ciò che è della mia patria cara

e buona, troppo buona...».

Da Fencia Augusto Franzoi parte per Gondar, che

visita minutamente, e dove il vescovo copto, che gli

aveva rubato e rotto l'orologio, vuole obbligarlo a

una discussione religiosa sulla natura divina e umana

di Gesù Cristo, e poi lo caccia dal suo paese. Solo e

sconsolato, il nostro viaggiatore prende la via di

Debra-Tabor, ove dimora l’imperatore Giovanni. In

tutti i villaggi gli abitanti lo mettono in croce con

insistenti richieste di medicine, ed egli, con fiori

pesti, con zucchero e sale, con sugo di limone, con

foglie di cipolle arrostite sulla brace, prepara intrugli

di ogni specie, pomate per i cavalli, pillole per le

donne incinte, cerottini per il gozzo « ed elegantis­

simi cavicchi per la dissenteria cronica». Per le ma­

lattie degli occhi ordinava dell'acqua pura, a tre

gocce per occhio. « E le davo con grande mistero,

perchèdi quel rimedio, dicevo, pocomi era rimasto».

In grazia di questi specifici inesauribili, il Franzoi

riuscì a viaggiare con minori noie.

A Gafat, frazione di Debra-Tabor, è ben accolto

dal governatore Alica Fenta, un prete ch’era amico

del cav. Naretti, il quale aveva costruito in questo

villaggio una vasta chiesa. Ma a Gambocia un prepo­

tente

scium

gli tolse tutte le cavalcature e i bagagli.

Il Franzoi parti, e, pensando alla sua situazione,

pianse lungamente. «Avevo indosso un camidone

arabo, unacamiciadi lana, le sola mutandee

nei

piedi

pantofole turche sopra calzedi

pelle...

Quando

venne

la sera, non ebbi il coraggio di muovermi di

là per

cercare

una

casa

oove passare la none... m sentivo

intirizzito, e non avevo uno zolfanello pr/ accendere

un po' di fuoco. Senza il fuoco acceso, correvo persino

pericolodi essere divorato dalle fiere alla notte! Tutto

rannicchiato contro un albero, attesi che giungesse

l'alba... ».

In questa tenuta, soffrendo la fame e il freddo,

il Franzoi raggiunge finalmente il campodi Borumieda,

oveerano riuniti gli eserciti dell'imperatore Giovannij

del re dello Scioa e del re del Goggiam.

Con un abile stratagemma riesce a rientrare in

possesso del suo piccolo bagaglio, e il nostro viag­

giatore, con lunghe e difficili marce raggiunge final­

mente lo Scioa, ove dal dott. Alfieri, abruzzese, è

sùbito presentato al negus Menelik, che lo accoglie

benevolmente, gli concede la più ampia libertà di

visitare i suoi Stati, e ordina che ogni giorno gli sia

portato un

durgò,

e cioè tutto l'occorrente per il

vitto quotidiano.

Neil'aprile 1883Augusto Franzoi è a Let-Marefià,

la bella stazione che Menelik avevadonato alla Società

Geografica di Roma, perchè fosse la sede e il centro

degli studi geografici e naturalistici, eh'essa andava

promovendo in queste regioni, e di, qui invia una

lunga lettera al Presidente della Società Geografica

su» Dinponio ^vncriw«cnc cnconi ourt pressoqueste

oopolazioni, per la morte dei venerando marchese

Antinori. capo della spedizione italiana, avvenuta in

Let-Marefià il 26 agosto 1882. Di quarta lettera, il

Franzoi riporta lunghi brani nel

che sono tutti un inno di

* la

barn

I infinita dal

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