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I PIONIERI PIEMONTESI NELL'AFRICA ORIENTALE

saputo che la spedizione aveva cento moschetti, cin­

quanta fucili ed altre armi, li volle avere in dono.

Il 7 gennaio 1877 l’Antinori ha la mano destra

sfracellata da un colpo di fucile durante una partita

di caccia. Il caso era gravissimo. Il sig. Pottier, ex-sot-

tufficiale francese, riesce a frenare l’emorragia, pre­

stando, come poteva, le prime cure al ferito, e subito

avverte mons. Massaia che si trovava a Fecheriè

Ghemb. Il povero vecchio parte immediatamente,

e, camminando tutta la notte per una strada diffì­

cile e pericolosa, che non si poteva percorrere con

muli, giunge il mattino seguente a Liccè, ove trova

l'Antinon in grave stato e con pericolo di cancrena

alla mano. Il Massaia, con un decotto di malva e lat­

tuga agreste, «che nei paesi caldi abbonda di mor­

fina», riesce a calmare, gli atroci dolori dei ferito,

il quale, fatta uscire con buon garbo la gente che lo

assisteva: « Padre mio - disse - facciamo una paren­

tesi al male che mi affligge; curiamo un momento la

malattia del cuore, causa di questo e di parecchi

altri danni »: in una parola, si volle confessare.

Il dott. Leopoldo Traversi ben con ragione pro­

testa contro la congiura del silenzio che circondò

per qualche tempo l’opera prestata dai Massaia per

salvare il marchese Antinori. «Miserie umane! -

egli scrive. - Si parla di Pottier, di joubert e di altri,

e giustamente, che si prestarono amorevolmente

verso il povero vecchio ferito, ma del missionario

che corre di notte e a piedi per strade diffìcili e peri­

colose, nessuno scrive la benché minima parola».

Il Massaia non mancò, nel giorno stesso del suoarrivo

a Liccè, e cioè i

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febbraio 1877, di mandare subito

lettere ai Re e al Chiarini per avvisarli dell'accaduto.

Questi accorse subito, ma visto che ogni pericolo

di cancrena era scomparso,

grazie alle cure del Pot­

tier,

egli scriveva, ripartì, dopo breve tempo, per

la sua residenza. « Neppure il Chiarini - esclama il

dott. Traversi - si ricorda del buon vescovo Massaia,

mentre esalta Pottier, e sente il bisogno di lasciare

il suo capo della spedizione alle cure di estranei per

tornare a Uorrailù!» (12).

Intanto, avendo bisogno la Spedizione Italiana di

una sede propria, il Re ordinò a un capo del luogo

di costruire una casa a Devy, ma, non avendo questo

capo eseguito l’ordine del Re, il marchese Antinori

«con l’aiuto del nostro gran protettore monsignor

Massaia» - il venerando esploratore non nega i me­

riti del grande missionario- ottenne dal re l'uso della

località di Let-Marefià, che divenne nel gennaio 1877,

e fu sino al 1896, il centro di ogni attività politica,

scientifica ed economica dell'Italia nello Scioa. «Da

Let-Marefià partì - dice il dott. Traversi - quel ri­

sveglio che, per opera specialmente dell'Antinori e

de' suoi compagni e successori (tra questi vi è il

dott. Traversi), doveva condurre ad una più perfetta

conoscenza della geografìa, della fauna e della flora

etiopica, sino allora molto imperfettamente note... ».

Intanto Menelik, premuto e minacciato dall'impe­

ratore Giovanni, dal re del Goggiam, dai popoli

Galla e dalle insidie, anche più pericolose, della

stessa amica Bafanà, sopratutto cercava di aver fucili

e munizioni per mezzo della Spedizione Italiana,

alla quale prometteva mari e monti. Il 30 settembre

1877 era giunto nello Scioa Sebastiano Martini, vice­

capo della spedizione, il quale, partito dall'Italia con

l’Antinori e il Chiarini, aveva dovuto tornare in

patria per chiedere nuovi aiuti per la Spedizione,

ch'era stata privata di buona parte del suo bagaglio

e del suo denaro nel viaggio fra la costa e lo Scioa.

Col Martini giunge pure Antonio Cecchi, che doveva

poi avere una delle prime parti nell'esplorazione dei

paesi etiopici.

I doni che il Martini e il Cecchi portarono non

piacquero a Menelik, che aveva bisogno di armi,

per opporsi alle pretese dell’imperatore Giovanni

che già cominciava a minacciare lo Scioa e gli altri

piccoli Regni dell'Etiopia. Coi doni il Martini aveva

portato al re Menelik e a mons. Massaia la nomina

a membri d'onore della Società Geografica. Non fu

facile cosa far capire a Menelik che cosa fossero la

Geografia e la Società Geografica; il Massaia ringraziò

il presidente della Società con una lunga e interes­

sante lettera in data 20 novembre 1877, che mi

rincresce di non poter riferire, e nemmeno rias­

sumere.

II Massaia promette di dare al Martini, che doveva

tornare una seconda volta in Italia, molte note di

carattere riservato. « In queste note metterò

cose raccomandate alla delicatezza del capii

tini, perchè non è mio uso di mischiarmi

mio ministero, e se parlo è il

oggi mi fi in certo modo ca

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