I PIONIERI PIEMONTESI NELL'AFRICA ORIENTALE
a ricordi della prima età nostra
ed a sentimenti che sono tradi
zionali nella nostra famiglia, voi
avete dimostrato di recare di noi
retto giudizio. Nell'obbedire ai
cenni della Provvidenza, la quale
volle che sotto il nostro regno si
maturassero i destini dell'Italia,
noi abbiamo serbato fede alla re
ligione degli avi nostri, nè mai
venne meno in noi la profonda
venerazione che ci gloriamo di
professare per il Capo Augusto
della Chiesa Cattolica. I vostri
voti saranno certo esauditi,poiché
sono voti di chi, trattenuto lungi
dall'Italia dai doveri di una nobile
missione, sa associare nelle sue
preghiere due cause, entrambe
degne e sante, quella della reli
gione e quella della patria».
I
fatti ora narrati, e la pro
messa di Menelik di accogliere
benevolmente gl’italiani che per
ragione di studio si recassero ne’
suoi Stati, indussero il Consiglio
direttivo della Società Geografica
Italiana a studiare e a proporre,
nell'adunanza sociale del 19gen
naio 1875, una grande spedizione
scientifica ai Laghi equatoriali: lo
Scioa doveva essere la base delle
operazioni della Spedizione ita
liana.
Naturalmente la Società Geo
graficascrisse subito a mons. Mas
saia, presentandogli molti quesiti
e richieste d'informazioni. Il Mas
saia non solo rispose subito al
Segretario della Società Geografica, ma scrisse
pure al Re e al Ministro degli Esteri. Tuttavia,
temendo che tali lettere non fossero giunte in Italia,
il Massaia, in data 18giugno 1876, scrive di nuovo
ai marchese Antinori, segretario generale della So
cietà Geografica, protestando contro le ridicole esa
gerazioni di Abbà Micaei, e presentando il sig. Arnoux
« persona grave e capace», il quale potrà dare infor
mazioni che potranno essere utili. Questa lettera
del Massaia trovò il marchese Antinori sulla strada
dello Scioa, ove giunse sul finire dell’agosto 1876.
Non è questo il luogo per narrare le vicende e
le peripezie della Spedizione Italiana allo Scioa e
ai Laghi equatoriali. Mi basta rilevare quanto mon
signor Massaia si adoprò perchè essa avesse un buon
esito, quantunque giungesse nello Scioa senza che ne
fossero avvertiti nè Menelik nè il Massaia. Appena
e di dar loro tutti gli aiuti necessari. Il Massaia dopo
che s'incontrò con l'Antinori ad Arramba, fu chia
mato da Menelik a Liccè per assistere a una specie
di Consiglio della Corona, che doveva tranquillizzare
gli animi dubitosi de' suoi generali, che non vede
vano di buon occhio l'arrivo della nostra spedizione,
li grande missionario piemontese perorò la causa
dei viaggiatori italiani, dimostrando ch'era interesse
dell'Abissinia di essere in buone relazioni con l'Italia
e con l’Europa, e il suo discorso parve convincere
anche i più incerti. Cosi, il 7 ottobre 1876. i viag
giatori italiani furono solennemente ricevuti a Liccè
da Menelik. al quale presentarono. le lettere di
S. M. Vittorio Emanuele, del Ministro degli Altari
Esteri e del Presidente della Società Geografica.
Il giorno seguente Antinori e Chiarini si presen
tarono di nuovo a Menelik per rimettergli i doni
il Re ebbe notizia
deil’arrivo degli Italiani (marchese
che
nel
frattempo erano arrivati. Il marchese Anti-
Orazio Antinori.
capo della spedizione,
e
ing. Gio-
non,
per mezzo di mons. Massaia, spiegò gli scopi
vanni
Chiarini) incaricò
il
Massaia. chedoveva cono-
della spedizione, chiedendo, per raggiungerli, lapro
sceni,
e
sapere «per quali fini vengono», di riceverli
lezione e l ’aiuto del Re. Questi promise, e «vendo