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I PIONIERI PIEMONTESI NELL'AFRICA ORIENTALE

sacerdote. Nell'anno seguente è nominato cappel­

lano dell'Ospedale Mauriziano di Torino: in tale

carica dura sino al 1836, quando è nominato profes­

sore di Filosofia e di Teologia nel convento di Te-

stona presso Moncalieri, e il Re Carlo Alberto lo

designa quale confessore de’ suoi figli, Vittorio Ema­

nuele e Ferdinando.

Casa ov« nacqu* (Movà d’Asti)

Nel 1844 è nominato definitore provinciale; nel­

l’anno seguente si trasferisce con lo studentato al

convento del Monte dei Cappuccini a Torino, ove il

Re Carlo Alberto l’ebbe tra i suoi migliori consi­

glieri, e Silvio Pellico lo scelse a suo confessore.

Creata, per consiglio del celebre esploratore del-

I’Abissinia e dei paesi Galla, Antonio d’Abbadie,

una missione cattolica in questi paesi, essa fu affidata

ai PP. Cappuccini, e il loro superiore ne volle a capo

il P. Guglielmo Massaia, che, il 24 maggio 1846, fu

consacrato vescovo nella chiesa di San Carlo al Corso.

Poco dopo partiva per Alessandria d’Egitto, donde,

dopo breve dimora, andava a Suez e poi, per mare,

a Massaua. Qui cominciano quei 35 anni di fatiche

apostoliche che il Massaia spenderà generosamente

per il trionfo della fede di Cristo e per il progresso

della civiltà cristiana fra popoli barbari e fra popoli

selvaggi. Nel 1879 il negus Giovanni, sorprendendo,

forse, la buona fede di Menelik, scaccia dopo molti

maltrattamenti il Massaia dall’Abissinia. L’età, le

sofferenze e le malattie fanno temere della sua vita;

ma la forte fibra del cappuccino piemontese trionfa

di tutti i mali,.e il 26gennaio 1880è a Suakim, donde

sul piroscafo « Messina» della Compagnia Rubattino

raggiunge Suez.

La missione apostolica del Massaia nelle terre

africane era compiuta. In Egitto, nella Palestina, a

Smirne, nella Turchia europea, in Francia, in tutti

i paesi, insomma, che toccò prima di giungere in

Italia e a Roma (4 settembre 1880), il Massaia fu

ricevuto coi più grandi onori. La fama delle sue gesta

era giunta ovunque. Uomini di tutte le fedi e di opi­

nioni politiche diversissime andarono a gara per atte­

stare al venerando apostolo dei Galla la loro ammi­

razione e la loro gratitudine. L’esploratore italiano

Matteucci, in una lettera al generale Baratieri, chiama

il Massaia « uno degli uomini che onorano il mondo».

Romolo Gessi, avendo incontrato il Massaia al Cairo,

così scriveva: « Ci si dice che in Italia gli preparino

grandi accoglienze. Nulla di più meritato, perocché,

oltre ai servizi apostolici, che fra le popolazioni bar­

bare rappresentano un elemento civilizzatore, Mon­

signor Massaia non ha dimenticato di essere italiano

e buon italiano». Augusto Franzoi, repubblicano e

anticlericale, parlando di monsignor Gonzaga-Las-

serre che, nonostante i pericoli che l’attendevano,

era ritornato fra i Galla-lttus, dice che il Gonzaga

«qui continua, dando santo esempio di costumi, un

efficace

apostolato di civiltà imparato alla scuola, io

credo senza confronti, del venerando Massaia

» (

7). E

Ruggero Bonghi, scrivendo del Massaia: « È difficile

unire maggior sobrietà di spirito e maggiore ardore

di animo, costanza di proposito e semplicità di fede,

maggiore genialità di tratto e maggiore fermezza di

risoluzione » (

8

).

Il Massaia avrebbe volentieri taciuto sulle sue

imprese; ma Leone XIII gli impose di scrivere le

sue memorie. Tutti i suoi appunti erano andati per­

duti, e perciò la fatica a cui dovette sottoporsi per

richiamare alla memoria e coordinare tanti fatti e

tante impressioni era veramente grave; ma il Massaia,

come sempre, obbedì e con l’aiuto del suo segre­

tario privato, P. Giacinto da Troina, fra il 1881 e il

1885, ebbe mododi scrivere o dettare le sue memorie

in 12 volumi, che volle intitolare

I miei 35 anni di

missione nell'Alta Etiopia (9).

Nel luglio 1881 fu per

l’ultima volta a Torino presso i suoi buoni confratelli

della Madonna di Campagna.

Nel concistoro del 10 novembre 1884 Leone XIII

lo creava Cardinale, nonostante la riluttanza che il

venerando missionario aveva per tutti gli onori; ma

in questo caso ben si può dire che era il Massaia che

onorava la porpora. Il

6

agosto 1889 nel villaggio

di S. Giorgio a Cremano, ov'era ospite della famiglia

Almirante, il grande cappuccino rendeva la sua bel­

l’anima a Dio, e veniva sepolto prima a Roma, nel

luogo riservato al Collegio di Propaganda Fide, poi

a Frascati.

Il Massaiaoccupa, comegiàdissi, un postodi primo

ordine nella storia dell’espansione italiana nell’Africa

Orientale. Quantunque non nascondesse il suo mal­

contento e il suo profondo dolore per la politica

religiosa seguita dal partito liberale, prima nel Regno

di Sardegna e poi nel Regno d’Italia, e questo mal­

contento e dolore manifestasse qualche volta con

vivaci e Qjdi parole, tuttavia non negòmai il suo con­

siglio e l’opera sua. quando si trattava dell'onore e

dell’interesse della sua patria, che profondamente

amava. Certo, se avesse potuto assistere al rinnovato

connubio della Chiesa e dello Stato in Italia, il suo

gran cuore avrebbe esultato: invece, nel tempo in

cui visse, trionfavano le sètte, e la gramigna masso­

nica invadeva tutti i rami della vita italiana co' suoi

filisi ideali, che impedirono al popolo italiano una

netta visione della sua missione nel mondo.

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