I PIONIERI PIEMONTESI NELL'AFRICA ORIENTALE
Giacomo Narotti
menti e degli usi semplici che lo circondano, il Na-
retti non trova uomo superiore al re Johannes, non
vede paese in migliori condizioni deU'Abissinia... Il
signor Giacomo Naretti tutto dimentica all’idea di
essere un lavorante di un re, e di un re come
johannes.
« Egli è felicissimo quando può indossare il suo
sciammo
per correre a una chiamata del re, per
ricevere un’ordinazione: egli tutto pospone e tutto
dimentica all’idea ed all'ingenua convinzione, che si
era formato, d’essere una specie di uomo politico
e d’uomo di Stato. Per la qual cosa egli suole vedere
la politica dappertutto, e, atteggiandosi a uomo di
misteri, egli dà a tutto un'impronta d’impossibile
senza il suo intervento: di diffìcile, di ruinoso, di
pericoloso per tutti» (15).
Scoppiata la guerra fra l’Abissinia e l'Egitto, le
cui truppe furono sconfitte dal negus Giovanni a
Gundar (1875) e a Gura (1876), il Naretti con la
moglie ritornò ad Alessandria d'Egitto, ove il fratello
Giuseppe, col suo lavoro, aveva saputo formarsi una
buona posizione economica.
Nel 1878Giovanni Naretti, col fratello Giuseppe,
riprende la via deU'Abissinia. Dopo un soggiorno
ai otto mesi a Massaua, i fratelli Naretti partono da
questa città insieme al tedesco Schimper, a due mis
sionari protestanti svedesi ed alla spedizione italiana
guidata da Pellegrino Matteucci, che si proponeva
di raggiungere lo Scioa per esplorare questo paese
sotto l'aspetto commerciale. Molto tese erano, in
quest’anno, le relazioni fra l’imperatore Giovanni
e Menelik, re dello Scioa. e il buon Naretti non osò
usare della benevolenza che l'imperatore gli dimo
strava per indurlo a concedere a Matteucci il per
messo di raggiungere lo Scioa. e il viaggiatore ita
liano dovette rinunciare al suo progetto. Nè diffe
rente, scrive Carlo Zaghi, fu il contegno tenuto dal
Naretti nei riguardi del Massaia, quando il grande
missionario, scacciato dall'Abissinia dopo trenta-
cinque anni di apostolato tra le genti Galla, giungeva
a Debra Tabor, ov'era insultato dall'imperatore e
angariato dalla Corte. In quell'occasione il Naretti,
per paura di perdere la grazia del Negus, « non
mosse un dito per alleviare la situazione del grande
Cappuccino, piemontese come lui, guardato a vista
dai soldati e relegato in una lurida capanna, insieme
alle bestie: nè ebbe una minima parola di con
forto» (16).
Il Massaia nelle sue memorie dice Giacomo Na
retti «d'indole calma e, per mancanza d'istruzione
religiosa, pieghevole non solo alla politica ed agli
usi del paese, ma alla religione; ... uomo timido e
di animo servile, che il solo pensiero di far dispiacere
al suo padrone lo faceva tremare da capo a piedi...
Naretti non solo non cercava di vedermi, ma nep
pure osava pronunciare il mio nome» (17). Del resto
Giacomo Naretti mancava non solo d'istruzione reli
giosa, come dice il Massaia, ma era sfornito di qual
siasi coltura. Le poche lettere che di lui si posseg
gono sono scritte, dice lo Zaghi, in un linguaggio
addirittura ostrogoto e, sotto certi aspetti, indeci
frabili. È giusto, però, rilevare che Giuseppe Naretti
non approvava la supina acquiescenza del fratello
Giacomo ai voleri dell'imperatore, e in qualche cir
costanza seppe venire in aiuto di Gustavo Bianchi,
senza tener conto dei pericoli a cui poteva andare
incontro. E del resto anche Giacomo Naretti, qualche
volta, quando non c'era di mezzo l'imperatore, seppe
tenere un fermo contegno per favorire qualche suo
connazionale. Nel 1873 aiutò Carlo Piaggia a vincere
l'ostilità del console francese a Massaua, De Sarzach,
e più tardi ebbe una parte notevole nella liberazione
del nostro grande esploratore, capitano Antonio
Cecchi, tenuto in prigionia dalla regina di Ghera.
In questo episodio, molto onorifico per i fratelli
Naretti, portano nuova luce i documenti ora pub
blicati ed illustrati dallo Zaghi (18).
Gustavo Bianchi, dopo aver tentato invano di
raggiungere il regno di Ghera, ov'era prigioniero
Antonio Cecchi, visto che Menelik, re dello Scioa,
non s'interessava della questione, si era recato alla
corte di ras Adal, capo del Goggiàm, allo scopo di
chiedere il suo intervento presso la regina di Ghera.
Ma ras Adal accolse molto freddamente l'esploratore
italiano, si che questi, disperando di poter inviare
al Cecchi quell’aiuto che questi aveva invocato in una
straziantelettera al marchese Antinori, si rivolse ai
fratetti Naretti, perchè interponessero i loro buoni
uffici presso il Negus.
Giuseppe Naretti, ricevuta la lettera del Bianchi,
all'insaputa del fratello (« per quella maledetta paura
che tiene presso il re tanto per parlare quanto ?er
scrìvere»), gli scrìve (20 maggio 1880), dandogli