un'opera di grande importanza per la penetrazione
italiana nell’Abissinia, tuttavia i! loro nome va ricor
dato con gratitudine dagl; Italiani, sia per l'aiuto
diretto di essi dato a molti esploratori italiani e
anche stranieri, sia per la stima che, con il loro intel
ligente lavoro e con la loro onesti, essi seppero
acquistarsi presso l’imperatore Giovanni e molti capi
dell’Abissinia. I due bravi artigiani piemontesi si
sforzarono di rendersi utili, come potevano e come
sapevano, all'Italia, eh'essi amavano
ardentemente,
e
ceravano ai
w
sempre più apprezzare nei paese
che li ospitava. Giacomo
Naretti. avendo saputo
che
ircostanze per mantenere rispettato e ono*
k>l’imperatore d'Abissinia il nome italiano,
o i sacrifici da loro fitti per acquistare la
ì
di quel principe, il quale ben meritata
la ripone intera fiducia nei loro consigli,
è chiaramente dimostrata nella parte che
l'imperatore per la liberazione del Cecchi,
come rilevo dalla loro lettera, venne con
I PIONIERI PIEMONTESI NELL'AFRICA ORIENTALE
alcuni consigli per l’invio delle lettere destinate al
negus Giovanni, e, accennando alla sua situazione
nella corte imperiale, scrive: « ... Di questa deci
sione non voglio che mio fratello non sappia nulla
per ora, perchè, dopo aver fatto per circa 25 mila e
più franchi di lavoro, sono stanco dal sentir dire
quel “ vederai, vederai ,, del mio fratello, e nulla
più. Bisogna, dunque, dopo aver lavorato come una
bestia, spettare l’elemosina».
Seguendo il consiglio di Giuseppe Naretti, il
Bianchi scriveva sùbito una lettera personale al Negus,
che la signora Naretti tradusse, ottenendo l’invio
di un corriere imperiale con lettere e istruzioni a
ras Adal. Intanto il Bianchi era stato incaricato di
consegnare al negus Giovanni i doni inviati dal Re
d’Italia e la Società d’esplorazione commerciale di
Milano. La notizia dell'arrivo a Massaua. e poi ad
Adua, di questi doni facilitò le pratiche che il Naretti
andava facendo presso il Negus, e il Bianchi presso
ras Adal, per la liberazione del Cecchi. Ma nella
sua lettera del 12 luglio Giacomo Naretti insiste
perchè il Bianchi stia lontano dalla politica. « La
prego, sig. Bianchi, di non mescolarsi in questi
affari, perchè io conosco l'individuo e se vogliamo
riuscire in quello che abbiamo incominci ito non
bisogna fare degli imbarazzi ed ho molta stima in
lei..., e poi vedrà che tutto andrà bene, porchè io
non credo che ci sia per poco: anzi ci sono per molto,
e voglio fare onore all'Italia quanto del bene a !*',
che mi prende per uno stupido » (19). Bastano queste
poche righe per dare un’idea dello stile di Giacomo
Naretti: e lo stile è l’uomo.
L’II settembre 1880, Antonio Cecchi, liberato
finalmente dalla lunga prigionia, aveva un primo,
drammatico colloquio con Gustavo Bianchi sulle rive
dell'Abai; ma il fiume in piena impedì che i due
esploratori si potessero stringere la mano. Solo
circa un mese dopo i due valorosi esploratori pote
vano abbracciarsi in Moncorer. Venuti a conoscenza
della penuria di denaro di cui soffriva il Bianchi, i
fratelli Naretti gl'inviano generosamente, senza es
serne richiesti, alcune decine di talleri e gli promet
tono altri soccorsi, quando fosse giunto, col Cecchi,
a Debra Tabor.
Il marcheseOrazio Antinori, capo della spedizione
Italiana nell'Abissinia, appena avuta conoscenza della
parte avuta dai fratelli Naretti nella liberazione del
Cecchi, scrive loro da Let-Marefià (18 marzo 1881)
una lunga lettera di ringraziamento: « Il loro patriot
tismo e l’amore che hanno sempre dimostrato verso
la nostra cara patria m'erano noti da molto tempo,
e ben io sapevo come entrambi eransi adoperati in
tutte le c
rato presso
Nè ignor
confidenza
mente or
Questa si
ha presso
la quale.
insistenza da loro consigliata. I fatti avvenuti mi hanno
provato doversi da loro in gran parte ripetere il
felice esito della medesima, tantoché non esito porger
loro i più vivi ringraziamenti, sia a nome della Società
Geografica Italiana, sia a mio nome, come capo
della spedizione».
E l'Antinori ringrazia ancora i fratelli Naretti per
ia larga ospitalità offerta nella loro casa al capitano
Cecchi, al conte Antonelli e al sig. Bianchi, durante
la loro permanenza in Debra Tabor, e non manca
di ricordare la squisita cortesia della « brava signora
Teresa e gli abbondanti piatti di riso e maccheroni,
che hanno cotanto contribuito a rimettere in forza
il nostro Cecchi ».
Questa lettera del marchese Antinori recò una
grande soddisfazione ai fratelli Naretti, i quali in
questo tempo dovevano sopportare le conseguenze
del ritardo dei doni inviati al negus Giovanni. Questo
ritardo fu dal Negus interpretato come un atto di
ostilità verso di lui, tanto più che sapeva frequenti
e molto cordiali i rapporti fr_ "'"/erno italiano e
Menelik. L’imperatore Giova... per parecchi mesi
si dimostrò molto freddo coi fratelli Naretti, e in
più circostanze ebbe parole molto vivaci contro gli
Italiani che l'« avevano burlato e preso per un ra
gazzo».
A migliorare i rapporti fra l'imperatore e i fratelli
Naretti servirono una corona di Salomone eh'essi,
copiandola da vecchi libri, intagliarono e posero sulla
porta d'entrata della casa reale, e la copertura del
tetto di questa con sottili piastrelle, ottenute da una
roccia che si lasciava segare. L'imperatore fu soddis
fatto, e quasi sorpreso, di questi lavori dei bravi
artigiani piemontesi, e spedi loro un regalo di 800
talleri, 30 vacche, 50 giare di miele, 10 di burro,
40 di grano (
20
).
Nell'agosto 1881 moriva, in ancor giovane età,;
il bravo Giuseppe Naretti, ed il fratello Giacomo con
la moglie Teresa lascia l’Abissinia per un breve sog
giorno in Italia. Ma nel 1883 Giacomo Naretti è di
nuovo alla corte del negus Giovanni, per il quale
costruisce in Macallè un palazzo, di cui restano
ancora alcuni avanzi. L'occupazione di Massaua da
parte dell’Italia segna la fine del favore imperiale
per il Naretti. il quale si ritira con la moglie in Mas
saua, ove muore il 9 maggio 1899.
Se i fratelli Naretti, per la loro scarsa coltura e
per la loro stessa professione, non
’