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DENTISTI ED EMPIRICI NEL SETTECENTO TORINESE

Opere

| di | Ambrogio Bertrandi \ Professore di

chirurgia

pratica nella R. Università |di Torino. Membro

della Reale

Accademia di chirurgia di Parigi, della So­

cietà Reale di | Torino, e primo chirurgo della

S.

R. M. |

del Fu

Re Carlo Emanuele | pubblicate, e accresciute

di note, e di supplementi | dai chirurghi | Gio. Antonio

Penchienati | della Reale Accademia delle Scienze | di

Torino | Torino MDCCLXXXVII. | presso

i

fratelli

Reycend. | Con Privilegio di S. S. R. M.

La raccolta è di 13 volumi (formato pag. 13-21).

Di questi, alcuni racchiudono capitoli che hanno

stretto rapporto con la stomatologia.

Nel Tomo III - Ferite della faccia - (pp. 289-93),

dettato durante l’anno 1759 e riveduto nel 1763,

vengono considerate le ferite delle guance, delle

labbra, della lingua, delle glandole salivali, l'emor­

ragia delle arterie, la lussazione e frattura dei denti,

ed i mezzi per tener scostate le mascelle nell'epi­

lessia. Vi sono citazioni di Benivieni, Pareo, Pibrac,

Marchetti.

Nel Tomo IV -Delle fìstole in particolare, e prima

delle salivali - (pp. 44-50), dettato negli anni 1758-59

e riveduto negli anni 1762-63, vengono passate in

rassegna le fistole delle varie glandole salivali, ed i

mezzi per curarle (dissecanti, consuntivi, cauterio

attuale, astringenti) secondo gli autori Saviard,

Monro, Duphenix, Morand, Louis, Fabrizio d'Acqua-

pendente, Pareo, Le Dran.

Seguono: Delle ulceri scorbutiche (pp. 82-96). Il

chirurgo torinese tratta didatticamente lo scorbuto,

iniziando dalla definizione, descrivendo la malattia,

anche secondo il pensiero di altri autori, deducendo

la prognosi ed additando infine la numerosa ed ancor

complessa farmacopea dell'epoca. - Delle ulceri arti-

fìziali (p. 290). Sotto questo nome vengono compresi

i vescicanti, i setoni, e le fontanelle. Esse “ giovano

in tutt’i morbi dipendenti dal raccoglimento, e dallo

stagnamento di umori acri su qualche parte nobile, o

sugii organi de' sensi, come in certe oftalmie, amau-

rosi, o cateratte, in certe sordità, odontalgie, ecc.".

Tavola II del Tomo IV. “ Nelle figure V e Vili

sono rappresentate due paja di forbici curve, le quali

in vece di avere la loro curvità ai lati l'hanno volta

in avanti, ossia verso una delle loro fecce. Queste

cesoje sono molto comode, per tagliare escrescenze

dentro la bocca, per estirpare il globo deH’occhio,

e in molti altri casi

Il Bertrandi nella sua importante e voluminosa

opera, che racchiude tutto il pensiero chirurgico

del secolo, apporta originali e sopratutto pratiche

osservazioni.

CARLO LUDOVICO MOROZZO nacque a To­

rino il 5 agosto 1743,

da

illustre

famiglia. Il padre

fu

riformatore dell

'Università, letterato, poeta e mece­

nate.

Il marchese Cario Ludovico occupò la carica

di

consigliere nei Consiglio Supremo del Governo.

Si

occupb di scienze: fisica e particolarmente di chi-

| M k | A A |

«

m a m m a

inic®* scrisse • nostre

01

zooto^ic* Fiori qi apoplessia

il 12

M|tio

1804

a Collegno, dova villeggiava.

Morozzo pubblicò sopra i denti fossili di un ele­

fante trovato nelle vicinanze di Roma. Memoria rice­

vuta il giorno 19 agosto 1802, ,,Società Italiana",

1803, X, i62-171. L'analisi chimica venne fatta dai

dott. Morichini (18).

Nel Sei e Settecento anche i torchi delle tipo­

grafie torinesi gemettero per pubblicazioni (oltre i

libri, di testo) racchiudenti cognizioni odontologiche:

contributo di medici piemontesi o di altre regioni.

Non dobbiamo inoltre dimenticare l’esistenza del

Magistrato di Sanità e del Protomedicato, ai quali era

demandato il compito di tutelare la salute pub­

blica (19).

Tén iMm iA a m r r i i l n A ^mfo i

In dimore fisse

Risaliamo ora gradatamente dall'attività odontoia­

trica piazzaiola a quella più decorosa e fiduciosa di

altri dentisti, i r*-,; lavoravano per qualche tempo

in locande od in appartamenti presi in affitto (20).

La capacità nell'arte dentaria di questi operatori

era completa in rapporto al secolo. Nominativi ci

sono stati trasmessi da giornali ed avvisi. L’indole

transitoria deH'esercizio in dimore fisse è dovuta

sopratuttoalle condizioni professionali dell'epoca (21).

Predominava nel passato l'odontoiatria demoli­

trice, trovandosi quella conservativa nell’imbarazzo

per difficoltà tecniche e di materiali, cosi pure ne

era limitata la protesi (ricavata da denti umani, di

tricheco e d’ippopotamo) (22). poco richiesta, assai

costosa, di difficile esecuzione e d’importanza preva­

lentemente estetica.

Il dentista, il quale dedicandosi talora ad altre

attività sanitarie considerate minori, assumendo la

veste di oculista, ernista e bendaggista (ortopedico),

litotomo, non trovava lavoro continuativo ben retri­

buito e di soddisfazione, si spostava di città in città

ad offrire l’opera sua. prendendo il più delle volte

dimora presso gli alberghi o locande meglio frequen­

tate (es.: in Torino " Bonnefemme " , “ Due Bovi

Rossi „).

Era usanza attendere le chiamate dei signori di

riguardo per visite e cure a domicilio, non essendò

per una dama od un gentiluomo cosa delicata e di

buon gusto recarsi in locale di pubblico accesso.

professione veniva svotia negli alloggi snuao

in

modeste e tetre case di Torino antica (aona com­

presa fra p. Cartello, p. S. Giovanni, Boria I

palanodel Comune, c. DoraGrossa, i

trino c. nuova;, oppure nei caraxvertsuci oarac-

coni (23) situati fra i pilastri dei portici, •dii quali i

rimarti ricalano ancora dalle intemperie e dal soli

gli abitudinari torinesi nelle loro dwica j

oen noia ancne ai

II