

V I A G G I O A R I T R O S O N E I S E C O L I
DAL GRANDE ALBERGO PRINCIPI DI PIEMONTE
AGLI ANTICHI ALDERGHI TORINESI
I
I nuovo Grande Albergo Principi di Pie
monte alza la sua mole imponente, eoi suoi
dieci piani, sulla rifatta via Roma, aperto ai
nuovi ospiti illustri e ignoti ma sempre ben
accetti che verranno a visitare e speriamo ad
ammirare questa Torino che si rinnova di anno
in anno e si fa più bella con celere ritmo fa
scista. I n grande elemento di propaganda per
una città è quello di dare accogliente ospita
lità a chi la visita. Gran parte delle critiche
severe e dei malinconici ricordi di scrittori il
lustri che visitarono nei tempi passati non solo
Torino ma anche altre città d'Italia, è dovuta
a impressioni di disagio sopportate all’arrivo.
Vero è che se l'attrezzatura alberghiera dei
secoli scorsi da noi è stata più che modesta,
all'estero non si stava certamente meglio. Già
nel secolo XIII le città nostre e i paesi sulle
strade maestre avevano i loro alberghi adatti
alle esigenze dei tempi, mentre da quanto si
apprende da scrittori come Francesco Michel.
Fournier. Blaivignac ed altri che scrissero sulle
origini e le vicende degli aiber^hi di Parigi,
non esisteva alcun albergo in questa città
prima del 1302. A Torino ce n'erano invece
parecchi tra cui quello dell'Aquila in via San
t ’Antonio.
L
e
l e g c i
in
l a t in o
Nel 1433 osti e albergatori torinesi comin
ciarono ad essere vincolati ad ordinamenti spe
ciali. Leggesi infatti:
«Hospites domos suas
,
cameras et stabulano habeant et teneant
co-
opertas et mundas sufficienterque de lectis. uteri-
silibus et victualibus munita* ad colligendos et
pascendos hospites suos et eorum equitaturas.
teneantque secumbonns. probos et notos famulo*
et jamulas honestas...
.
Era un latino che gli albergatori dovevano
capire un po' per amore e anche un po' per
forza perchè ai contravventori fioccavano multe
di certi scudi d'oro fiammeggianti e in difetto
— anche molti anni più tardi — la pena dei
soliti tratti di corda o vincoli di catena ad
arbitrio non del Principe ma anche dell’Eccel-
lentissimo Senato oppure del Vicario.
Via Roma che ora allinea i suoi nuovi gran
diosi palazzi — e la popolazione dopo tante
«
discussioni li trova belli ed elogia i portici
che sono anch’essi una bella comodità — in
antico e fino a qualche anno fa è sempre stata
la strada degli alberghi od osterie che si di
cesse. Tutti spariti e non c'è da rimpiangerne
la fine anche perchè tutti insieme non offri
vano il numero delle camere di cui dispone
ora da solo il nuovo albergo Principi di Pie
monte.
In via Roma e nelle vicinanze ce n’era per
tutti i gusti e per tutti i portafogli, di primo
ordine e di ordine purtroppo secondario. Ma
anche i secondari avevano la loro fama e un
brillante passato anche non tanto remoto. Il
Gran Cairo, ad esempio, fu il ritrovo di uo
mini notissimi del Risorgimento, fu un centro
di vita intellettuale e patriottica. Giovanni
Bottero teneva circolo attorno alla sua tavola,
dopo cena, agli uomini più in vista del tempo
e forse più di un governo passò al vaglio di
quella tavolata.
L’Albergo della Verna, antichissimo, sorgeva
nell'isolato del teatro Carignano. Si vuole che
fosse così chiamato dal nome che aveva il
caseggiato detto un tempo la ca’
d'ia Verna
da alcuni rigogliosi ontani che crescevano nel
suo cortile. Fu sempre famoso per i suoi vini
piemontesi e naturalmente di carnevale diven
tava il quartier generale degli organizzatori e
degli espositori della famosa Fiera Enologica
che si teneva nell'attigua piazza Carlo Alberto
per iniziativa del Circolo Enofilo. Di tale Cir
colo fu anima per molti lustri il compianto
conte Teofilo Rossi, sindaco di Torino, Sena
tore e Ministro del Regno, cosicché si finì per
chiamarlo il Circolo Teofilo anziché Enofilo,
tanto il Circolo e lui sembravano una cosa
sola. Oggi una bella via traversale della nuova
arteria cittadina ricorderà quest'uomo emi
nente che amò Torino e tanto fece per lei.
L'albergo più noto e meglio frequentato fu
sino a qualche anno fa l'Europa, posto nel
palazzo all'angolo con piazza Castello, fatto
costruire dal marchese Ludovico San Martino d
d'Agliè, ambasciatore a Roma e più tardi aio
degli orfani di Vittorio Amedeo 1°.
La Legazione d'Olanda nel 1775 risiedette
in questo palazzo che più tardi diventò pel
oltre un secolo l'Albergo Europa e fu quasi d
un'istituzione torinese. Si chiamò dapprima
l niverso, poi Trombetta e quindi Europa, al
loggiando tutti i più ragguardevoli personaggi
.li passaggio per Torino. Dall’Europa si mosse
ii IH marzo 1860 con gran cerimoniale Luigi
Carlo Farini per portare a Vittorio Ema
nuele II il voto d’unione dell’Emilia e Ro
magna e il 22 marzo per lo stesso motivo
Bettino Ricasoli a capo dei delegati della To
fan a . Un anno prima il famoso generale
austriaco Giulay si era proposto di debellare
l'esercito piemontese e di porre il suo quartier
generale all’Europa, dove nel 1842 aveva allog
giato per avvenimento più lieto il Maresciallo
Kadetzky.
(Quando si iniziarono i lavori di
via Roma si scoperse — come ab
biamo già notato altra volta — che
il gran salone tutto oro e specchi che
raccolse lolle cospicue e insigni e
servì per i ricevimenti del Municipio
durante la Esposizione Internazio
nale del 1911, era pericolante e aveva
resistito come per un miracolo al
tempo preservandoci da chissà quale
catastrofe. Altro caso stravagante fu
la scoperta di una bella camera al
l'angolo della via Roma con le porte
murate e che quindi non era mai
tata utilizzata, nè si sa perchè fosse
tata murata.
tutte angiporti misteriosi e bugigattoli dove
il sole penetrava a stento e dove nasceva e
stentatamente cresceva e moriva la pianta
uomo, in via della Caccia c’era un albergo
all'insegna dell’Anitra che dette pure il nome
alla via in questi ultimi anni malfamata ma
che nei secoli XVII e XVIII era frequen
tato dalla nobiltà.
L'albergo era nel palazzo dei marchesi di
Simiana e a dare un’idea del fasto di quella
casa basterà un dato: il censimento del 1705
registra addette al servizio della nobile fami*
glia e dimoranti presso di essa trenta persone
e fra esse si trova un «sommegliere », un «ca-
S
e r v i t o r i
d i
s c e n a
...
Dell'aJbergo ha lasciato memoria
l'illustre Albino Luigi Millin dell’isti
tuto di Francia, dotto archeologo e
naturalista, nel 1812. Racconta che
come entrò nel cortile dell’albergo
discendendo dalla cosidetta posti-
gliona fu attorniato dal mastro del-
I albergo, da quattro camerieri vestiti
di livree gallonate e da due grandi
cacciatori pure in vestiti sgargianti,
t r a una vista da teatro perchè tutti
avevano l’aria di servitori di scena.
E racconta: «Io sentii che tutto que-
to apparecchio poteva costarmi se
mi fossi mostrato sensibile e poiché
confessai le mie condizioni modeste e
•mplici ottenni un alloggio a prezzo
moderato. Però tu tti i valletti erano
orsi a deporre le livree vistose e
tacevano servizio in «Liti modesti
♦ino a che non erano avvertiti d’an*
are a ripetere la scena di prima
ail’arrivo di qualche altro forestiero
dall’apparenza facoltosa ».
In una delle prime vie laterali croi*
ate come scenari vecchi sotto i colpi
el piccone demolitore e risanatore,
I
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