

nunciò una vibrante allocuzione in nome
delle madri repubblicane mentre di fuori una
lolla di individui ebbri di buon vino piemon
tese e di ideologie galliche danzavano la Car
magnola secondo le personali possibilità di
equilibrio.
Non molto distante dall’Albergo San Giorgio
visse e prosperò per molti anni l’Albergo delle
Chiavi dove nel 1496 presero stanza gli amba
sciatori di Firenze e Ferrara. Ai Tre Re vicino
alla chiesa di San Tommaso alloggiò il ve
scovo di Alba e alle Tre Corone, che era nell**
vicinanze, nel 1628 alloggiò il celebre poeta
modenese Fulvio Testi legato di Alfonso III
d'Este al Duca Carlo Emanuele 1°.
L ' A
n g e l o
i n
M
u n i c i p i o
Nella cosidetta corte del Burro, ora interno
del Municipio e ridotta in parte a uffici, esi
steva l'Albergo dell'Angelo. che ospitò genti
luomini della Corte di Carlo Emanuele I". Ma
altri Angeli del genere esistettero in via San
Francesco d’Assisi n. 12 e in via Roma n. 20-22
nell'ora demolito palazzo dei Fratelli Gonelia
sotto il campanile di San Carlo.
L'Albergo della Rosa Rossa ospitò di prefe
renza comici ed artisti. Nel 1688 l'oste Pietro
Pagano somministrò vitto e alloggio ad Ippo
lito Mazzarino e alla sua banda (come chia-
mavansi allora i comici di una compagnia) trat
tenutasi a Torino per dieci giorni e qui chia
mata da Venezia dal Duca Vittorio Amedeo II
per il suo teatro. Il Duca era buon pagatore e
la spesa di L. 218 fatta da quei comici come
risulta da documenti pervenuti a noi fu sod
disfatta puntualmente. Maggiore lista fecero
nello stesso anno dal 28 marzo al 24 aprile
due ambasciatori di Zurigo e Berna col loro
personale dai quali l'oste ricevette L. 4699.
Il libro dei cerimoniali di Corte informa che
nel 1692 alla Rosa Rossa alloggiò pure, tra
forestieri tedeschi e inglesi, il conte di Biviers
primo scudiero e primo capitano delle Guardie
dell’Elettore di Baviera, inviato straordinario
a Torino per dar notizia alla nostra Corte della
nascita del principe primogenito di quell’Elet-
tore.
Grande rinomanza nel secolo XVII ebbe
l’Albergo della Bonne Femme o secondo taluni
della Buona Fama nel palazzo già del Principe
Tommaso di Savoia, poi nella via Barbaroux
e quindi tra>portato quando si costruì la nuova
via Pietro Micca all'angolo di via XX Set
tembre dove oggidì ha aperto la sua nuova
sede la ditta Cesare Verona.
L
n
a b a t e
r i m p a t r i a t o
c o n
l a
f o r z a
All'Albergo di Venezia capitò una brutta
avventura il 7 giugno del 1719 al napoletano
abate Cigni già consigliere aulico dopo dieci
giorni dal suo arrivo da Venezia. Durante 1)
notte fu arrestato insieme a tutti quelli ch|
erano giunti con lui come compagni e serv
dal comandante della città. Scortati da nu
inerosi soldati furono condotti nella CittadelL
dove rimasero carcerati un mese. L'abate na
poletano. come narra il Soleri nel suo Diaricj
fu condotto via dalla Cittadella per ordine d
Sua Maestà in una carrozza da nolo tirata d
quattro cavalli nella quale vi erano due uffi
ciali e scortata da quaranta dragoni. L'abati
fu condotto fino ai confini dello Stato di Milani
e non si seppe mai la causa del suo arresto
della sua espulsione.
Un albergo pure antico che deve essere rieoi
dato dai torinesi è la Dogana Vecchia esj
stente in via Corte d'Appello. Nella notte di
2 settembre del 1827, come ricorda una lapid
posta nella facciata, vi occorse pietoso cascj
la morte d'una povera donna senza soccorsa
dei medici, il che diede vita alla casa del Cotto
lengo. Nella notte dal 13 al 14 gennaio de
1840 nell'albergo si sviluppò un gravissimo io
cendio ad assistere al quale accorse Cari
Alberto con i figli, rimeritato — come dici
A. Viriglio — con un inno in versi sciolti d
Davide Bortolotti.
Altri albeighi degni di nota furono quell
della Fucina tuttora esistente in via Basilica
dei due Delfini sotto i portici di piazza Sa]
Carlo, convegno di carbonari nel 1821;
Gallo designato nel 1797 conte ritrovo di
trioti che, secondo un rapporto dell'ambasci
tore Ginguené al ministro Priocca, si riuniva
per complottare assassinii dei soldati france
il Pino, il più antico che risulti da un do*
mento del 26 ottobre 1446 che era presso Po
Susina, la quale in quell'epoca sorgeva nel
vicinanze di Palazzo Paesana.
Curiose notizie si leggono in una Descrizio
storica e critica deiritalia edita a Digione
1766 dall'abate Richard che scese all’Albe:
Inghilterra situato davanti alla chiesa di S
Teresa. Dalla finestra della sua camera
spettatore delle edificanti scene che sul li
tare di tal chiesa succedevano per il faro
diritto dell’asilo ecclesiastico. Il nostro ab;
nel settembre del 1764 racconta che le a<
eenze della chiesa erano ingombre di barn
condannati per gravi crimini. Vivevano si
dell'impunità poiché erano riusciti a toc
le soglie di quel sacro e troppo misericordi
asilo. Avevano costruite delle baracche per
pararsi dalle intemperie e vivevano della c
pubblica, di quella dei parenti e forse di qt»
dei complici impuniti. Non potevano però
trepassare il limite intangibile poiché il
gello coi suoi scherani li sorvegliava. Tutta'
parecchi riuscivano a sgattaiolare aiutati
stessi frati che tenevano poco a quella c
pagnia.
I PRANZI
d
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N CONDANNATO A MORTE
Dell’Albergo del Fagiano era padrone nel
1675 Gianfrancesco Piana che per conto del
governo somministrò i pasti al Presidente Blan-
cardi detenuto in una delle torri di Palazzo
Madama e poi giustiziato. Da documento esi
stente presso l'archivio di Stato risulta che
ricevette L. 45 per dieci giorni di cibarie for
nite al disgraziato detenuto.
A pensare oggi a quegli alberghi famosi e
così frequentati, a soffermarsi col ricordo nelle
>trade di quelle antiche osterie, nei vicoli tor
tuosi t*d oscuri, nei crocicchi misteriosi, negli
angiporti, nei cortili dove il sole penetrava a
stento e dove nell’aria scarsa e infetta nac
quero e tristemente crebbero generazioni di
creature untane dei più bassi ceti; a ricor
dare questi rioni crollati provvidenzialmente
sotto i colpi del famoso piccone demolitore e
risanatore ci si domanda stupiti in che cosa
potessero consistere l’eleganza, il fasto, le
comodità in quei tempi.
Quale attrezzatura in confronto del mo
derno Albergo di via Roma con ascensori,
telefoni, bagni in ogni stanza, riscaldamento
centrale ed ogni altro raffinato conforto?
Forse i nostri antichi erano di minori pretese
sotto un certo punto di vista, perchè sotto un
altro aspetto avevano gusti cospicui. Sopra
tutto avevano pretese e non transigevano sulla
buona cucina e sui buoni vini. L’erudito G. B.
Ghirardi scriveva lamentando la povertà in
degna della suppellettile delle chiese, mentre
in un albergo «qualunque anche non di città,
che pur erano miseri, venivano serviti in piatti
e bicchieri d’argento i migliori avventori ».
Regole rigide disciplinavano l’esercizio alber
ghiero, conte abbiamo già notato. Ne può far
fede, per chiudere la nostra scorribanda alber
ghiera attraverso i tempi, questo editto di
Emanuele Filiberto nell’aprile del 1545:
«Ordiniamo che chiunque avrà fuoco, luogo
o catena non possa mangiare alle taverne o
sia bettole del luogo o terra dove sarà sua re
sidenza, eccetto una volta al mese per il più e
ciò sotto pena alli tavernieri che daranno man
giare contro questo nostro ordine di sei scudi
per volta ovvero due tratti di corda ».
Il
progresso dei tempi e delle leggi ha la
sciato le multe in danaro sonante, ma ha abo
lito i tratti di corda. Forse qualche cliente
difficile li rimpiange e li vorrebbe ripristinati
in certi luoghi e per certi osti...
ERCOLE MOGGI