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Lassino », due «portori ». In ultimo passò al

banchiere Martini, della famiglia di quel Mar­

tini che Dutens, segretario del ministro inglese

a Torino, chiama

le plus riche bourgeois de

Turiti.

Il Martini, secondo il Dutens, aveva

l'ambizione di ricevere la migliore società e

quindi spendeva e spandeva. Non meno pro­

digo dovette essere il suo discendente se. dopo

avere ricostruito quasi interamente il palazzo,

dovette poi lasciarlo in mano dei creditori che

10 mandarono all'asta.

In quell'Albergo dell’Anitra, divenuto nel­

l'ottocento Albergo Londra eppoi della Caccia

Reale, alludendosi forse alle celebri partite ve­

natorie dei Re di Sardegna, soggiornò nel 1680

11 marchese di Verdun, il quale fu derubato

dei suoi gioielli da lui affidati all'oste.

Uno dei più vecchi alberghi di via Roma

fu pure il Cavallo Grigio da secoli nella stessa

via, nello stesso posto sino a... consunzione.

Era vicino all’Albergo della Zecca, che suc­

cesse alla Zecca Vecchia la quale esisteva nel

1678 neirisolato dove adesso c'è il Seminario

Arcivescovile in via XX Settembre. Altri al­

berghi ed alberghetti sorgevano nella via e

sopratutto nelle strade e vicoli vicini, tra cui

il Montone d'Oro, scomparso, grazie a Dio.

insieme a tutto il vicolo buio, sporco e mal­

famato.

U

na

DECI/STAZIONE AMOREVOLE

Ma il più importante della via Roma, anzi

di Torino stessa, fu ( Albergo Reale che ia

guida De Rossi del 1781 indica « in contrada

Nuova vicino alla piazza San Carlo, casa Tana,

cantone San Federico ».

Nel XVII secolo esso superava in fama tutti

gli alberghi di Torino ospitando persone di

rango elevatissimo. La Corte vi ricorreva per

i servizi a Stupinigi, a Moncalieri e a Racco-

nigi. Pare che la cantina e la cucina fossero

ottime e ne fa autorevole fede il maresciallo

Mérode-^ esterloo che scese al Reale nel 1694

e lasciò scritto che una sera riunitisi a pran­

zare con lui il Principe Eugenio, il Principe

di Commerey e il generale di Santa Croce, fe­

cero giungere la mezzanotte stando a tavola...

Nello stesso anno vi soggiornò il Principe

Cristiano Augusto di Holstein e nel 1784 vi

scese in incognito, sotto il nome di Conte di

Haga, re Gustavo Adolfo III di Svezia. Fu

un albergo insomma di grandi soddisfazioni

terrene. Le quali non contano e ben poteva

affermarlo quel Conte Ludovico Felice Tana

di Santena della famiglia proprietaria del Pa­

lazzo, valoroso in guerra ma dedito ai piaceri

mondani. Un giorno leggendo la Bibbia per

ingannare le ore d'un viaggio vi apprese cose

insolite: si decise a cambiare vita e morì san*

tamente nel 1694 nel convento della Trappa

14

a Roma col nome di Fra Palemone. Anche

questo Palazzo è finito in polvere come tutte

le cose periture che l'eternità non è di questo

mondo. Via Roma del resto era stata eterna

abbastanza.

Naturalmente esistevano altri alberghi in

città e precisamente nei pressi del Palazzo

Municipale. Chi attraverso i «portichetti » e

via Giovanni Berchet, un tempo via dei Pa­

sticceri, entra nella via Quattro Marzo non

immagina certo che in questo breve tratto di

viuzza sia esistito uno dei più eleganti e fre-

rovo dei più ferventi giaco-

ii.

Perfino il vecchissimo e

tranquillo albergo dell'isolato di

vin Biagio, in parrocchia di San

»io

vanni, che si chiamava delle

re Lancie perchè situato nei

n-»i dell’abitazione del famoso

Cardinale delle Lanze, ai primi

urori del 1798, mutò le tre

ineie della sua vetusta insegna

i altrettante picche, armi ve­

di

. „

, . -i o

ute di moda durante i giorni

quentati alberghi, il San Giorgio, seomparso|anf,uinosi di p ari j e da eg8e

cinquantanni fa, e dove alloggiarono amba-

r

sciatori e principi e le altre personalità che

nei tempi andati capitavano a Torino. Nei

suoi ultimi anni di vita l'albergo era diven

tato TOsteria di San Giorgio come si leggeva

utu

ralmente assunse il nome di

re

Picche conservato pure dopo

i restaurazione monarchica.

l/ex Corona Grossa si trasfor­

mi. come si

è

detto, in reboante

nell’antica sbiadita insegna raffigurante San uartiere generale del giacobi-

Giorgio a cavallo ed era frequentata special- islllo parolaio, un po’ anche per

mente nei giorni di mercato dai carrettieri 0|1>a dei generosi vini piemon­

che convenivano dalla provincia sedendo a ta- ,.si che erano una specialità del

vola in camerucce basse e annerite dal fumo occhio albergo, il quale ebbe

dove si erano pur seduti personaggi altissimi onore perfino di un albero della

e si erano perfino celebrate le nozze di u

Principe d’Acaia.

Nel 1481 vi alloggiò la principessa Chiar

Gonzaga, che andava sposa al conte Delfin

di Alvernia. E nel 1496 vi albergarono Ga

leazzo Visconti, ambasciatore di Milano, g

ambasciatori di Berg e di Friburgo, nonch

il celebre Marino Sanudo, forse nei suoi viag

per promuovere il ricupero di Terra Santa,

ambasciatori della Serenissima Repubblica

Venezia.

Gli stessi Conti di Savoia, prima del 141

venendo a Torino, alloggiavano all’Albergo S

i

Giorgio. Ancora non possedevano, a quant

sembra, palazzi a Torino perchè appena si con

serva memoria di una casa posseduta dal con ^ ,,' Y sì f n ^ g u” ò'rprimoUbat

Ludovico nella stessa via dei Pasticceri e

della Speranza che fu

u n p a la z z o c h e A m e d e o V I a v e v a s u lla v i c i n a . .; /____; ___i_.

, . tv .,

piazza delle Erbe presso l’arco della Voi

Rossa dove ebbe inizio la meritoria opera

Beato Cottolengo.

Nella vecchia Torino all’angolo di via Por

Palatina in una casa medioevale che,

giusto criterio restaurata in questi anni, co

serva tutte le sue caratteristiche, ha avu

vita sino a cinque o sei anni fa un vecc

albergo che portava il nome di Corona Grosi

Un editto del 1639 lo ricorda come già anti

a quei tempi. Curioso è l’irregolare cortile

caratteristico l’interno del piano terreno.

hcrtà piantato proprio davanti

I suo ingresso principale. Questo

ortava sulla cime le insegne...

raldiche di stagione, cioè un

erretto frigio, un triangolo rap-

resentante l’uguaglianza, una

ilancia che rappresentava la

io>tizia con grande allegria

egli esercenti e dei mercantini

fi dintorni, i quali sapevano in

uanti modi si può usare una

ilancia e due bandiere coi motti

norte ai tiranni» e «democrazia

morte ».

In quei giorni davanti a questo

L ’

a l b e r g o

d e i

g i a c o b i i

AI tempo della rivoluzione francese oltre

molte vie e piasse, anche osterìe e albei

dovettero cambiare denominasene e la Coroi

Grossa diventò l’Albergo dell’Unione e fu

(curiosità degli eventi!) il

livaio

della futura Guardia Na-

limale. In quei giorni i cittadini

fiale

della municipalità e Bro-

P»i**ri del governo provvisorio

rringarono i giovinetti del bat-

iglione affidando infine il ves-

[Ilo

all’undicenne Giuseppe Già*

■ tti che rispose senza titubansa

>n un fiero discorso chiedendo

r

sè e per i compagni di es-

*re

iscritti al servizio della pa-

l'ia repubblicana. Naturalmente

^guì un lieto simposio innaffiato

tl generoso vino di cui sopra

irante il quale la cittadina

aria Ferreri, degna compa­

na... d’eroismi al marito Giù-

ppe organissatore e ideatore

■1 suddetto battaglione, prò-

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