Table of Contents Table of Contents
Previous Page  1707 / 1981 Next Page
Information
Show Menu
Previous Page 1707 / 1981 Next Page
Page Background

l’Oratorio di Sant'Andrea, il quale sorgeva nel

punto ove ora si eleva il fabbricato laterale

della facciata principale del Santuario fab­

bricato a mattoni semplici, senza intonaco e

che fu destinato in seguito ad accogliere le

migliaia di quadri votivi attestanti gl'innumeri

benefici concessi dalla Vergine Consolatrice a

coloro che l'hanno invocata con tale titolo.

Furono queste le umili origini del fastoso

Suntuario che doveva sorgere molti secoli

dopo splendente di ori e di marmi e di dipinti

insigni, sui disegni degli immortali architetti

Ju v a ra e Guarini, i quali lasciarono tanta

orma del loro genio nell'architettura piemon­

tese.

La fede e la pietà dei Torinesi per la loro

cara Madonna andò bensì crescendo in modo

portentoso, ma le tristi vicissitudini che colpi­

rono il Piemonte nei secoli successivi dovevano,

per ben due volte, cancellare dalla loro me­

moria il ricordo di questa speciale divozione.

In fatti, la fine del secolo V fu travagliata

da atroci calamità. Guerre, saccheggi, in­

cendi, epidemie, ridussero, a poco a poco,

Torino ed i paesi limitrofi in uno squallido

deserto. A tante sventure, che durarono pa­

recchi secoli, venne ad aggiungersi la furia

devastatrice degli Iconoclasti, per cui neppure

la Sacra Immagine della Consolata sarebbe

scampata allo scempio di quegli eretici, se la

pia mano di un devoto non l'avesse nascosta,

verso 1*820, come ci ha tramandato la tradi­

zione, nei sotterranei delI'Oratorio di Santo

Andr»*a. Anche questo, un secolo dopo circa,

crollò seppellendo il quadro, e con esso anche

la memoria del fervore religioso che aveva

destato nel popolo torinese.

Nel 950, i Saraceni, sbarcati sulle coste

liguri, risalirono le valli alpine, seminando la

distruzione e la morte sul loro passaggio.

Più nessuno pensava alla nascosta Icona un

tempo già tanto venerata. Un fatto straordi­

nario venne in modo insospettato a sollevare il

mistero che per secoli aveva tenuto nascosto

il santo dipinto.

Correva l'anno 1002. Arduino, Marchese di

Ivrea e Re d 'Ita lia , sdegnato per la malafede

e per la fellonia dei signorotti suoi vassalli,

si era ritirato nel monastero di Fruttuaria.

Iv i cadde gravemente ammalato e dovette

ritornare al suo castello feudale d 'Ivrea.

Egli soffriva dolori continui ed atroci,

quando una mattina, in sul far del giorno,

vide in sogno la Vergine Celeste accompagnata

da San Benedetto e da S. Maria Maddalena.

La Celeste Apparizione gli ordinò di edifi­

care in suo onore una cappella a Belmonte,

altura elevantesi nei pressi di Cuorgnè, una

seconda, sotto il titolo di Maria SS. della

Consolazione a Torino, ed una terza sul

monte Crea nel Monferrato.

Non appena Arduino si svegliò dal suo sogno,

si trovò completamente guarito. Mentr'egli

decideva di recarsi, in compagnia dell'abate Gu­

glielmo, a Belmonte. dava incarico al suo pri­

mogenito Oddone, Conte di Castellamonte, di

recarsi a Crea, ed all'altro suo figlio Guido,

Conte di San Martino, ordinò di portarsi imme­

diatamente a Torino per dar subito principio

alla costruzione della cappella della Consolata,

la quale fu eretta nella Chiesa di Sant'Andrea

il 23 novembre del 1016.

Si fu negli scavi per detta costruzione che

avvenne il primo rinvenimento della Santa

Icona.

L a cappella edificata per ordine di Arduino

d 'Iv rea forma ora la cripta sotterranea chia­

mata « delle Grazie ».

Col ritorno alla venerazione della bene­

detta Icona, parve rifiorire sul Piemonte, e

su Torino in modo particolare, un periodo di

pace, di floridezza e di prosperità.

Però, assieme all'abbondanza, entrarono nel-

l'Augusta Città il rilassamento dei costumi

e la discordia tra i cittadini che si divisero e

si combatterono con furia fratricida.

E d ecco, nel 1090, ritornare i Saraceni che.

in questa seconda invasione, raserò al suo.

tutto quanto trovarono. La cappella eretta

dal Conte Guido di San Martino rovinò sotto

l'impeto devastatore dei seguaci della Mez­

zaluna.

Fortunatamente la preziosa Effigie della

Consolata, trovandosi allora nella cappella infe­

riore alla Chiesa di Sant'Andrea, restò sepolta

e celata dalle macerie di essa.

Dopo l'invasione Saracena, sopraggiunse la

pestilenza ad accrescere duolo e desolazione.

I cittadini della sventurata Torino, ridotta ad

un mucchio di rovine, accompagnati dal loro

Vescovo, si rifugiarono nella vicina Testona.

Tale rimase lo stato miserando della Capi­

tale del Piemonte sino alla fine del secolo X I I .

Dell'Immagine della Consolata nessuno se

n'era più curato, nè se ne curava punto, e la

memoria di essa erasi cancellata dalla mente

dei Torinesi lontani dalla loro morta Città.

In tale tristissimo periodo, viveva a Brian-

zone, in Francia, un tal G iovanni Ravacchio,

uomo nobile e ricco, ma disgraziatamente,

cieco.

Un giorno, il disgraziato, nel cui animo si

era andato radicando il presentimento di do­

vere un giorno, in qualche modo insperato,

guarire, ebbe in sogno la visione delle rovine

di Torino. Ad un tratto, ecco apparirgli la

Vergine Celeste che gli indica un punto di quelle

rovine e gli rivela che sotto di esse si trova

celata la di Lei Effigie. G li ordina di mettersi

subito in viaggio, promettendogli che non ap­

pena il taumaturgo quadro avrebbe visto i