

l’Oratorio di Sant'Andrea, il quale sorgeva nel
punto ove ora si eleva il fabbricato laterale
della facciata principale del Santuario fab
bricato a mattoni semplici, senza intonaco e
che fu destinato in seguito ad accogliere le
migliaia di quadri votivi attestanti gl'innumeri
benefici concessi dalla Vergine Consolatrice a
coloro che l'hanno invocata con tale titolo.
Furono queste le umili origini del fastoso
Suntuario che doveva sorgere molti secoli
dopo splendente di ori e di marmi e di dipinti
insigni, sui disegni degli immortali architetti
Ju v a ra e Guarini, i quali lasciarono tanta
orma del loro genio nell'architettura piemon
tese.
La fede e la pietà dei Torinesi per la loro
cara Madonna andò bensì crescendo in modo
portentoso, ma le tristi vicissitudini che colpi
rono il Piemonte nei secoli successivi dovevano,
per ben due volte, cancellare dalla loro me
moria il ricordo di questa speciale divozione.
In fatti, la fine del secolo V fu travagliata
da atroci calamità. Guerre, saccheggi, in
cendi, epidemie, ridussero, a poco a poco,
Torino ed i paesi limitrofi in uno squallido
deserto. A tante sventure, che durarono pa
recchi secoli, venne ad aggiungersi la furia
devastatrice degli Iconoclasti, per cui neppure
la Sacra Immagine della Consolata sarebbe
scampata allo scempio di quegli eretici, se la
pia mano di un devoto non l'avesse nascosta,
verso 1*820, come ci ha tramandato la tradi
zione, nei sotterranei delI'Oratorio di Santo
Andr»*a. Anche questo, un secolo dopo circa,
crollò seppellendo il quadro, e con esso anche
la memoria del fervore religioso che aveva
destato nel popolo torinese.
Nel 950, i Saraceni, sbarcati sulle coste
liguri, risalirono le valli alpine, seminando la
distruzione e la morte sul loro passaggio.
Più nessuno pensava alla nascosta Icona un
tempo già tanto venerata. Un fatto straordi
nario venne in modo insospettato a sollevare il
mistero che per secoli aveva tenuto nascosto
il santo dipinto.
Correva l'anno 1002. Arduino, Marchese di
Ivrea e Re d 'Ita lia , sdegnato per la malafede
e per la fellonia dei signorotti suoi vassalli,
si era ritirato nel monastero di Fruttuaria.
Iv i cadde gravemente ammalato e dovette
ritornare al suo castello feudale d 'Ivrea.
Egli soffriva dolori continui ed atroci,
quando una mattina, in sul far del giorno,
vide in sogno la Vergine Celeste accompagnata
da San Benedetto e da S. Maria Maddalena.
La Celeste Apparizione gli ordinò di edifi
care in suo onore una cappella a Belmonte,
altura elevantesi nei pressi di Cuorgnè, una
seconda, sotto il titolo di Maria SS. della
Consolazione a Torino, ed una terza sul
monte Crea nel Monferrato.
Non appena Arduino si svegliò dal suo sogno,
si trovò completamente guarito. Mentr'egli
decideva di recarsi, in compagnia dell'abate Gu
glielmo, a Belmonte. dava incarico al suo pri
mogenito Oddone, Conte di Castellamonte, di
recarsi a Crea, ed all'altro suo figlio Guido,
Conte di San Martino, ordinò di portarsi imme
diatamente a Torino per dar subito principio
alla costruzione della cappella della Consolata,
la quale fu eretta nella Chiesa di Sant'Andrea
il 23 novembre del 1016.
Si fu negli scavi per detta costruzione che
avvenne il primo rinvenimento della Santa
Icona.
L a cappella edificata per ordine di Arduino
d 'Iv rea forma ora la cripta sotterranea chia
mata « delle Grazie ».
Col ritorno alla venerazione della bene
detta Icona, parve rifiorire sul Piemonte, e
su Torino in modo particolare, un periodo di
pace, di floridezza e di prosperità.
Però, assieme all'abbondanza, entrarono nel-
l'Augusta Città il rilassamento dei costumi
e la discordia tra i cittadini che si divisero e
si combatterono con furia fratricida.
E d ecco, nel 1090, ritornare i Saraceni che.
in questa seconda invasione, raserò al suo.
tutto quanto trovarono. La cappella eretta
dal Conte Guido di San Martino rovinò sotto
l'impeto devastatore dei seguaci della Mez
zaluna.
Fortunatamente la preziosa Effigie della
Consolata, trovandosi allora nella cappella infe
riore alla Chiesa di Sant'Andrea, restò sepolta
e celata dalle macerie di essa.
Dopo l'invasione Saracena, sopraggiunse la
pestilenza ad accrescere duolo e desolazione.
I cittadini della sventurata Torino, ridotta ad
un mucchio di rovine, accompagnati dal loro
Vescovo, si rifugiarono nella vicina Testona.
Tale rimase lo stato miserando della Capi
tale del Piemonte sino alla fine del secolo X I I .
Dell'Immagine della Consolata nessuno se
n'era più curato, nè se ne curava punto, e la
memoria di essa erasi cancellata dalla mente
dei Torinesi lontani dalla loro morta Città.
In tale tristissimo periodo, viveva a Brian-
zone, in Francia, un tal G iovanni Ravacchio,
uomo nobile e ricco, ma disgraziatamente,
cieco.
Un giorno, il disgraziato, nel cui animo si
era andato radicando il presentimento di do
vere un giorno, in qualche modo insperato,
guarire, ebbe in sogno la visione delle rovine
di Torino. Ad un tratto, ecco apparirgli la
Vergine Celeste che gli indica un punto di quelle
rovine e gli rivela che sotto di esse si trova
celata la di Lei Effigie. G li ordina di mettersi
subito in viaggio, promettendogli che non ap
pena il taumaturgo quadro avrebbe visto i