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BASSEGXA IH POLITICA ESTERA

NOBD E SUD I H A M E B I C A

(ìli Stati americani >i Mini» riuniti a Lima in una

di quelle conferenze panamericane così feconde di

patti e di trattali mediante i quali le relazioni tra

quei paesi dovrebbero correre sempre più armoni-

elle. a scorno di questa Kuropa perpetuamente in-

quieta e sempre ili procinto di mettere il mondo in

fiamme. K invece una nozione comune die tra gli

Stali americani i molivi di contesa sono per lo meno

altrettanto numerosi che tra gli Stali europei. Di

(piando in quando da quelle parti giungono notizie

di interra e di pace effimera: e. malgrado le confe­

renze panamericane e (ili abbracciamenti dei pre­

sidenti delle repubbliche, notizie simili ci perver­

ranno ancora ili avvenire.

(ili Stati l niti sono il massimo e più instancabile

promotore di questi incontri tendenti a creare una

grande America d ’amore e d’accordo, o. senza eu­

femismi. una America dominata dalla •'rande confe­

derazione nordica bauditrice della dottrina di Mou-

roe. In epoche passate irli Stati l niti facevano più

palese manifestazione di questa loro aspirazione:

ora. invece, la loro politica, di fronte ai sospetti

delle principali potenze del sud. e segnatamente del-

('Argentina. è diventata più cautelosa e accomo­

dante. La dottrina di Monroe conserva la sua so­

stanza imperialistica, ma con la veste più attraente

della forinola di Inmn vicinato, introdotta da Koo-

sevelt.

Il commercio nord-americano ha dilagato verso il

sud. e fili Siati dell'America latina non si sono op­

posti ad una penetrazione in cui trovano il loro

tornaconto: ma essi intendono che le relazioni cosi

intensificale non esorbitino dal campo degli afTari.

nè le trovano incompatibili con la permanenza di

buone relazioni con •'li Stali d'Europa, che vogliono

intrattenere senza la tutela di nessuno, e senza darsi

pensiero del di-turbo che possono dare agli affari­

sti del nord.

Tanto più che gli Siati f iliti non sono iu "rado.

0 lo simo in mi-lira minima, di assorbire i prodotti

della loro agricoltura, che devono trovare sbocchi

sui mercati d'Kunqia. in concorrenza con le stesse

provenienze del nord. G li Siali 1 niti non possono

perciò far«i illu-ioni di una espansione commerciale

illimitata verso il sud. nè aspirare ad un dominio

economico, se non politici, su quei paesi; nè è giu­

stificato il loro malumore verso le potenze europee,

e segnatamente verso la Germania, per i progressi

delle loro esportazioni.

1 li po’ eoi pretesti» della democrazia da difendere,

un |

hi

* con quello di premunirsi non si sa bene da

(piali pericoli di aggressione che li minacciano, gli

Stati l niti si armano anch’essi intensamente. Di

tanto in tanto vogliono pure farsi sentire oltre i

limiti del continente americano, ma più che altro

per dare « appoggi morali » che non servono a nu lla:

poiché essi non amano correre rischi. La slessa soli­

darietà con l ’ Inghilterra, di cui quesl'ultima parla

un po' di più e gli Stali I niti uu po' meno, e che.

nel trattato di commercio firmalo in novembre dopo

un anno di faticose trattative, ha avuto un apparen­

za di consacrazione, è molto astratta, e finora non è

stata operante. Molli americani temono che sia una

cosa seria, e il loro governo deve far molto caso di

questa opinione: perciò si trova nel curioso imba­

razzo di farla sembrare una cosa seria agli stranieri

che hanno motivo di temerla, e una burla ai citta­

dini che diffidano delle male arti della propaganda

britannica per trarre gli Stati Un iti ignari a fare i

suoi interessi.

Del resto gli Stati Uniti non vedono la concorrenza

inglese negli Stali del Sud con occhio più tenero di

quello che hanno per i tedeschi o per noi. H a dato

molto da pensare a questo proposito l'atteggiamento

apparentemente remissivo degli Stali l niti verso il

Messico, quando questo espropriò le società petro­

lifere inglesi e americane nella primavera scorsa.

Qui uu effetto del buon vicinato potrebbe essere il

definitivo allontanamento del capitale inglese a pro­

fitto di quello americano.

(ìli Siati l niti ora dicono chiaro, e ora lasciano in ­

tendere. che gli altri Stati del continente possono

contare su di loro per la difesa della loro indipen­

denza. Hanno promesso il loro aiuto persino al (!a-

nadà. K una generosità che (Mista poco. Nessuno

minaccia questi Stati. Se qualcuno teme aggressioni

le teme se mai da altri Stati americani, malgrado il

gran numero di protocolli che dovrebbero garantire

la tranquillità di ciascuno. Le può temere dal me­

desimo non richiesto difensore, che i più gelosi della

loro indipendenza cercano di tenere garbatamente

alla larga.

!\è bau da temere aggressioni da nessuno gli Stati

Un iti, che saranno lasciati iu pace se lasceranno in

pace gli altri. Rimane da cercare un nesso tra i loro

armamenti e le loro mire |>oliticlie. I.a spiegazione

più ovvia di essi è la sicurezza che si debbono ga­

rantire in un mondo che si arma e che non è tran­

quillo. G li armamenti, anche se la loro forza è desti­

nala a rimanere per lunghissimo tempo allo stato

potenziale, fanno efficace la diplomazia. Una grande

potenza, come gli Stati U n iti, ha interesse alla pare

mondiale, e deve avere autorità e mezzi onde ado­

perarsi per farla durare.

BERNARDO GIOVENALE

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