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anatomico. Non mai rigurgitante convincente femmi­

nilità la donna, non mai virile pur neH’ostcntato vi­

gore, l'uomo, li sempre il gesto composto delle mani:

siano esse posate sulle ginocchia nella posizione assisa,

o cadano parallele i fianchi nella posizione levata, o

se altre variazioni neH’atteggiamento delle mani esi­

stono non esiste però mai spigliatezza di gesto, comu­

nicatività, persuasione di invito o severità di ammo­

nimento.

Cli stupisce ricordare uno dei tre aspetti in cui è

tramandata la sembianza del dio I lóro, il figlio di

Osiri e di Kis: quella in cui è fanciullo. Ci troviamo

dinanzi — nel pensiero — ad un feticcio dalle linee

piene, tondeggianti, più simile al Hudda della scultura

giapponese che non a questa egizia che abbiamo sot-

t’occhio e, tatto stupefacente, il fanciullo-dio tiene un

dito in bocca. Eccezionale confidenza concessa all’ado­

ratore, cogliere nell'intimità questo Dio, osservarlo in

atteggiamento così scomposto, così personale. Più

oltre, una statua di gigante accenna ad incedere — la

gamba sollevata in perenne conato di movimento —

portando a ino’ di gonnellino una piramide intera­

mente ricoperta di iscrizioni che egli stesso sorregge

con le mani all’altezza dei fianchi. Il cartellino indica­

tore ci ta di lui parziale presentazione: è. costui, un

faraone appartenente a quella XVIII dinastia che tu

usurpata da

Ramose

II. il terribile Sesostri dei greci,

che tu l'immenso della X IX dinastia. La sua imma­

gine tu ripetuta con follia aulica in tal numero di

esemplari eguagliati

torse,

nella storia, soltanto da

quelli che di se fece ripetere Luigi XIV nel suo perìodo

aureo.

Lo sappiamo ora, decrepito vecchio mummificato,

costretto alla captività nel museo del Cairo dove,

morto da migliaia d anni, volle ancora confermare la

sua autorità sollevando un braccio tra il terrore dei

presenti che vissero la orripilanza di quel movimento

con partecipazione emotiva anche si- contortati da co­

gnizioni scientifiche che giustificavano l’accaduto; lo

conosciamo fanciullo, il ricciolo bruno pettinato a

lato del capo ncH’acconciatura abituale dell’infanzia,

por le sembianze riprodotte in scultura parietale nel

tempio di Osiride ad Abydo; lo vediamo ora, figuretta

smilza eternata dal granito, tornita dal muscolo liscio

del torace e del polpaccio, assisa in cordiale intimità

tra il dio Ameurà’ e la dea Mut che congiungono le

loro mani dietro la sua schiena e dei quali egli ri­

cambia l’abbraccio cingendoli sul dorso all’altezza del­

l’ascella.

Che altro ci resta da osservare?

Centinaia e centinaia di cimeli, intensi ognuno di

civiltà millenaria che noi si cerca far rivivere attra­

verso le indagini della scienza. Sarebbe istintivo, sa­

rebbe facile, sarebbe bello su ognuno di essi lasciar

libere briglie alla fantasia, stuzzicata dagli elementi po­

sitivi che già si posseggono, per ricostruire tutta

quanta l’immensa trama di questa spettacolosa civiltà.

Ma siamo diffidati dall'abbandonarci all’induzione fan­

tasiosa e consigliati alla deduzione rigorosamente scien­

tifica, meno ricca, meno facile, ina l’ unica cui far cre­

dito e su cui poggiare futuri itinerari di proficua in­

dagine. Il passo, perchè sia com*';* '

terreno sicuro

che resista agli assalti della critica acue scoperte fu­

ture, dev’esser compiuto con piede cauto anche se con

apertura breve ed ogni conquista, che basta pochi

minuti a recensire, può costar anni di attività e di

attesa se non addirittura l'olocausto della vita intera

di chi si sente la mente ed il cuore dell’archeologo

che con l’apporto della propria attività mira ad allar­

gare il punto di partenza da cui procedere da quegli

altri che coglieranno da lui la fiaccola accesa nella gara

della ricerca, che come lui sapranno donarsi in per­

fetta abnegazione, so ffiando l’impulso alla frcttolo-

sità e all’ambizione che sollecita il risultato rapido, cui

urge l’annunciare « eureka ».

Usciamo da questo raduno di giganti, da queste

testimonianze di menti gigantesche, per ritornare alla

luce violenta della pubblica via dove il tram che ci

taglia la strada, sferragliandoci davanti, ci pare un gio­

cattolo che potremmo sfasciare con la punta del piede.

I I