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la Kuà di Pra|;rUlii ncH'alta Val Chitone.

ture risalenti al I s(K)-l s5(), c-pota della doni nazione

francese e dei Delfini; il gigl o ed i Delfini

i v i

ripro­

dotti sono pure scolpiti in pareteli c fontane. Vi si

annoverano un lanifieio, segherie e mulini, ma I

nome di Pragclato e particolarmente noto per il suo

miele sciuisito che e k n eonose uto ed apprezzato

.indie all estero. I. apicoltura vi e ometto eli una

pi; eola nJusrria, anzi eli una serie di piccole industrie

poche sono numerosi i valligiani che- vi si dedicano

con atavica competenza e passione vivissima.

L'apicoltura pragelatesc e stata ometto eh un inte­

ressante studio del elott. Ci. Passet, die venne pub­

blicato in una delle monografìe edite dalla Tipografìa

So. ale- per I illustrazione del Pinerolese. studio dal

quale sono state stralciate le notizie che seguono.

I n alveare o apiario e composto da un certo nu­

mero di arnie, o easse, o bugni, per lo più dieci o

dodici, collocati l'uno aeeanto all’altro alla distanza

.li 15-^20 centimetri su panconi robusti, elevati

dal suolo per impedire l'accesso ai ragni, alle for­

miche, alle lucertole, ecc. Di solito un alveare non

ha più

di

due piani, e il supcriore arriva all altezza

del petto d un uomo. Per tare il bugno occorrono

tre specie di api: la cosidetta regina, il fuco e l'operaia.

Per ottenere un chilogrammo di cera si richie­

dono dieci o und'ci chilogrammi tra miele e polline.

Appena secreta la cera e bianca, ma diventa presto

gialla per un principio colorante del polline.

L'ape provvede pure la propoli o resina, per ce­

mentare e intonacare l'interno del bugno, ove r

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-

chiitJe i v.veri, ottura i fori.

don.le

esporta le materie-

estranee, le- compagne morte, c\c.. mantenendo sem­

pre una scrupolosa pulizia. Per turno l'operaia sta

eli sentinella a difendere la porta da attacchi nem ci;

o, sollevando', sulle zampe- c sbattendo le aluccie,

esercita l'ufìicio eli vent latore per rinnovare o r ntre-

scare l’aria ambiente; c.l inoltre cova

amoro.amcT.te­

le uova clepo.stc dall'ape madre.

I! bottino d ogni ape e una sola go.cellula eli miele,

«lue granelli di poli.'ne; eppure alla sera si trovi un

aumento la uno a nove eli Ingranimi nel peso eld-

l’arnia!

IX fronte a tutte ejucste virtuose- caratteristiche sta

l'inconveniente della ferita \elenosa del pungigl ont

seghettato. Cìiov.i pero notare che l'ape non e cosi

tcrote come si dice e si crede; essa k n sa che non può

serv’rsi cb ciuci dardo se non a rischio della propria

vita, e vi r corre solo in casi estremi; *c- trattata con

intelligenza e dolcezza c ciuasi inoffensiva.

Del resto l'organismo umano s'awezza gradual­

mente ad un tal veleno che e puro acido formico.

Ve anz: chi ritiene- die- siffatta puntura sia r medio

efficace contro il reumatismo. Ma comune|uc sia. basta,

dopo aver estratto il pungiglione, se c'è, comprimere

la ferita finche esca un po' eli sangue, e lavare con

acqua fresca o addizionata di poche gtxce d'ammo­

niaca. Perii le-Miverehie punture

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una parte tjualsi isi

della superficie del corpo possono causare gravi scon­

certi ed anche la morte.

Le uova delle api clcposte in maggio o giugno

schiudono in poco più d tre settimane e la colonia

aumenta. L’ape madre, a misura che vede crescere

gli alveoli regali, dimostra una certa agitazione ed

inquietudine mista a rabb a e comunica alle opera e

il suo moto affannoso. Leccitazione diventa generale

e la famiglia, sollecita e rivoluzionaria, erompe dalie-

porte e va a stUpcnJcrs in grappolo, intorno alla

regina, ad un ramo di pianta po.o lontano ed ai « pali

di previdenza » («-rutsa ») infissi nei dintorni; donde

verso sera l'apiaio sapra togLerlo per farlo entrare-

in una cassa vuota e pulita, provvista di alcuni favi

vuoti, che verrà collocata nell alveare comune.

Ecco uno sciame naturale che costituisce una vera

necessita, non potendo più essere contenute nell'arnia

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