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Le direttive impartite dal Duca al generale Cata­

lano Alfieri fissavano come primo obiettivo Savona.

Le truppe mossero il 25 giugno da Saliceto per Al­

tare al diretto comando questa volta del marchese di

Livorno, avendo il Catalano dovuto trattenersi a Sali­

ceto colto da una non lieve indisposizione. Non ap­

pena attraversato ('arcare, le truppe piemontesi fu­

rono avvertite che il tentativo di rivolta a Genova

t ra fallito e pertanto il comandante delle truppe sostò

ad Altare dove ricevette ordine dal Duca di ripie

gare su Pieve. 11 27 i ducali giunsero a Garessio per

le aspre vie dei monti e, ritornati al comando del

Catalano Alfieri, tosto proseguirono jxr Ormea, Na-

va e Pieve che occuparono. Qualche atto di indisci­

plina verificatosi in quei giorni venne represso in

modo assai energico dal Catalano, il che spiega il

malanimo in seguito da molti dimostrato contro di

lui. Delle trattative di accomodamento iniziate in­

tanto coi rappresentanti della Repubblica genovese

ritardarono di alcuni giorni il proseguimento delle

operazioni senza nulla concludere, consentendo però

ad una parte ed all'altra ili intensificare gli arma­

menti. Anzi a questo riguardo i maggiori vantaggi

furono da parte del Governo genovese che fece ap

jK’llo, non invano, al patriottismo della sua gente.

Intanto all'armata era stato pure destinato Don

( ìabriele di Savoia, che aveva recato l'ordine di divi­

dere l'esercito in due corpi : uno sotto il suo diretto

comando doveva occupare Oneglia e poi puntare su

Albenga, l’altro agli ordini del Catalano Alfieri do­

veva direttamente marciare su questa città ma però

assaltarla solo a colpo sicuro. Qualche incertezza e

lentezza nei movimenti, ma specialmente l'ostilità

delle genti genovesi, fecero fallire anche questa nuo-

\a impresa.

Don Gabriele occupata Oneglia. per Diano si spin­

se in vista di Albenga ma. scontratosi col nemico nei

pressi di Steffancllo si vide per le perdite subite co­

stretto a chiedere al Catalano dei rinforzi cosicché

questi, per aiutare l'altra colonna ducale, non si tro-

\ò più in grado di tentare l'espugnazione di Al-

ixrnga.

Don Gabriele si ritrasse allora in Oneglia. ed il

( Catalano alla sua volta, dopo essere stato per due

giorni indeciso sul ila fare, riprese la via di Garessio.

Ix sue truppe si erano appena messe in marcia

^he furono fermate da un diluvio d'acqua, mentre la

avallerà comandata in avanguardia, anziché prose

guire speditamente, incominciò a reclamare un rin­

forzo di truppe a piedi cosicché, fra ostacoli ed incer­

tezze, la marcia proseguì assai lentamente.

Invano il Catalano, che si trovava in coda alla co­

lonna, e pur doveva ripetutamente contrattaccare i

genovesi per tenerli a distanza, incuorava e sospin­

geva le sue truppe. Ne finì che la cavalleria e il reg­

gimento d’ordinanza della •<Croce Bianca » prose­

guirono la marcia fino al colle di S. Bernardo, non

curando il collegamento col grosso, ed i genovesi di­

scendendo dai monti riuscirono a bloccare il Catalano

in Castelvecchio.

Per quanto si fosse da qualche giorno lavorato a

mettere in efficienza le fortificazioni del'luogo, per

la scarsità dell'acqua in pieno mese di agosto, l'am­

massamento eccessivo delle truppe, ed i continui at­

tacchi dei nemici, la situazione dei ducali si palesò

ben presto assai critica. I tentativi fatti per richia­

mare le truppe che avevano raggiunto il colle di San

Bernardo riuscirono senza effetto cosicché il Cata­

lano, riunito un Consiglio di guerra, espose l’avviso

che non vi fosse altro scampo che l’aprirsi la strada

con le armi in pugno e combattendo morire Le pa­

role del vecchio capo, pronunciate con voce com­

mossa, scuotono i presenti che lo abbracciano e la sor

tita viene decisa per le prime ore della notte (4 ago­

sto 1672).

Preparata ed accesa la miccia che doveva distrug­

gere con le fortificazioni quanto non era possibile

portare al seguito delle truppe, queste si mossero con

alla loro testa i capi più valorosi : il Catalano, i mar­

chesi d’Este, di Livorno e della Pierre, i conti Ma

gliano e Roero. Nel buio della notte si combattè con

disperato valore, caddero i marchesi del Carretto e

della Pierre, il conte della Trinità e Morozzo, il ca­

valiere Benso di Cavour ed oltre 700 soldati, ma a

nulla valse tanto eroismo contro il soverchiarne ne­

mico e la sconfitta chiuse prima dell’alba l’infausto

tentativo ducale.

Grande fu l’orgoglio dei genovesi per la vittoria

e profonda la depressione in Piemonte ma. come so­

vente avviene, gli insuccessi scuotono i cuori e smuo­

vono allo sdegno, e questa volta il Piemonte fu tut­

to col suo Duca per rintuzzare la sconfitta e pronta

mente le sorti della guerra furono ristabilite con la

rioccupazionc di Oneglia ed Ovada e la pace con­

clusa nell’anno seguente potè dirsi non lasciò nè

vinti nè vincitori.