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d i A R N A L D O P I P P O

Tutti sanno che cosa possa essere o rappresentare

un segreto professionale: qualche cosa li impene

trabile e di rigoroso che si trasmette e si perpetua

con un’assidua difesa dalle indiscrezioni, che si co­

razza di silenzio, che si rintana nell’angolo più sicuro

ili quell’archivio che è la memoria. Tutti possono

averne uno, e sbaglia chi ritiene che sob alcune ca

legorie possano conservarne e tramandarne. Anche

le cose più innocenti sono circondate dal mistero del

h

greto: anche gli amaretti di Acqui, e come!

Grande segreto è quello che pjsseggono alcuni

pasticceri locali : un mistero che molti hanno cercato

•li jK-netrare senza riuscirvi o riuscendo i maldestre

imitazioni. Ed è così segreto che moltissimi ad Acqui

ignoravano persino che esso esistesse.

Si entra in una nota pasticceria della città : sotto

J i occhi dell'austera proprietaria un ragazzone ric­

ciuto uscito dal ridotto del forno depon; su un ta-

"lo un cesto colmo di amaretti da poco i ^tn e lì co-

nincia il lavoro ultimo: selezionare ed avviluppare

lino per uno in sottili fogli di carta colorata gli ama­

tti e riempirne scatole e scatole da due etti, da

uzzo chilo e da un chilo. Cosa straordinaria la velo-

ù della commessa nell’avviluppare quei dolci! Po-

he decine di minuti e la cesta si svuota e sul banco

•i

marmo, tra un gruppo di paste e l’altro, se ne for

ia un bel mucchio che ha acquistato colori vivaci

nza perdere il profumo.

Si tratta degli amaretti, nome cornuti” di cosa

•tissima; ma se vi aggiungiamo il complemento

li Acqui >» avremo nominato un prodotto partico-

•M'simo e pregiato, la cui confezione è chiusa sotto

't-tte sigilli del segreto professionale. Si cerca di

prire le qualità di quella pasta soffice che si scio

alla sola pressione della lingua contro i! palato;

ìi tentativo in tentativo ci si avvicina velocemente

la strada della violazione, o quasi, di qi’el segreto.

Chiedere al pasticccre chiarimenti della lavora

•ne dcU’amaretto? Si va a sbattere contro il più

ro macigno: la discrezione professional.* unita alla

concorrenza. Perchè vi sono tipi e tipi l’amaretti:

quelli secchi, quelli dolci, gli amarognoli, i pastosi.

Se ne fabbricano in molte città d’Ita'ia, da Sa-

ronno. a Sassello. ad Acqui: ma gli amaretti acquesi

avrebbero la prerogativa di accomunare lue qualità

essenziali : la pastosità ed un amarognolo oradevole;

anche qui, però, abbiamo sul posto i sottoripi : quelli

cioè che sono acqueti sì, ma chc poco dopo la cot­

tura diventano duri o sono troppo amari. E non si

scappa : queste differenze fanno parte del segreto : il

modo di confezione e, in gran parte, la materia pri­

ma usata.

Nessuno conosce chi creò il primo amaretto;

certo è che la più vecchia pasticceria acquose produt­

trice di tali capolavori inalbera sulle scatole la data

» 1884 ». A quei tempi erano due i venditori delia

specialità, oggi sono circa una diecina, tra grandi

e piccoli, con una produzione giornaliera che si ag­

gira sui duecentocinquanta chilogrammi. Poca cosa?

Tutto il contrario. Calcolando che il chilogrammo

d’amaretti — autentici acquesi, e cioè soffici e pa­

stosi — è fatto di ottanta pezzi, risulta eh? ventimila

amaretti circolano in una giornata: ben oochi però

rimangono in città poiché ogni curando o forestiero

ili passaggio porta via con sé scatole e scatole del

classico dolce. Sono ventimila seducenti biglietti da

visita che Acqui lancia in Italia ed a1”

igni

giorno: gradita presentazione, unica ed efficace for­

ma di pubblicità attiva che si pratichi in questa città

internazionale.

Qualcuno si chiede, con aria innoccnie. come si

fabbrica l’amaretto, tutti gli interpellati rispondono

con le superficiali informazioni che tutti conoscono.

Quelle poche parole chc sono il più di tutta la con­

fezione, nessuno le dice.

L ’amaretto, non tutti lo sanno, nasce da una si­

ringa; una grossa siringa dal cui raccordo finale esce

una pasta compressa, della grossezza di un grissino,

che sarà tagliata a piccoli pezzi prima del passaggio

in forno sulle apposite tavolozze di cottura : forma­

no la pasta, in parti uguali, zucchero e mandorle,

reduci da varie fasi di lavaggio, sbucciatura, essica-

zione, cilindratura che ha trasformato i due elementi

in una pasta omogenea ed impalpabile. Poi, c’è il

segreto: ce ancora qualche piccola manovra, l’ag­

giunta di qualcosa di impercettibile, cioè che li man­

tiene sempre soffici o più amarognoli oppur più dol­

ci o che fornisce un certo gusto sfumato che piace­

volmente integra quello fondamentale.

Non si può dire altro sulla fabbricazione, ma

l'altro capitolo noto, nel romanzo a crittogrammi

ddl'amarctto di Acqui è il prezzo. Mille lire per

un chilo, cioè per ottanta amaretti; mille lire chc

pagano segreto professionale, gli alchimisti dei dosa­

tori di ingredienti e la fatica finale della commessa

che li incarta, uno per uno. a tempo di swing.

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